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LA SCUOLA

Della scuola materna, anzi…dell’asilo, allora si chiamava così, ho pochissimi ricordi.
Era vicino a casa ed era gestito dalle suore salesiane, devo avere ancora da qualche parte una foto con il grembiulino a quadretti bianchi e rosa e il fiocco bianco in testa, la faccia seria seria.
C’era il refettorio dove ci servivano un primo piatto caldo, ma dovevamo portarci da casa il resto del pasto nel cestino di paglia: un formaggino, una mela, una banana…
Il riposino pomeridiano si svolgeva in aula, la testa appoggiata sulle braccia incrociate sul banco.

La scuola elementare era nello stesso cortile: a sinistra l’asilo, a destra la scuola. Per cinque anni la stessa maestra: Rita G.C. …per noi scolare: la Signora maestra.

Vedova, distinta, dolce e fragile all’apparenza ma dal polso fermo…uno sguardo era sufficiente per ottenere il silenzio e l’attenzione di tutte noi. Soffriva di emicrania e imparammo presto a riconoscere i giorni in cui era necessario stare ancora più silenziose e tranquille: si risolvevano i problemi di aritmetica, si svolgeva un tema oppure si disegnava in silenzio, mentre lei correggeva i compiti.

Spiegava le lezioni in modo semplice e chiaro e presto l’ortografia e la grammatica italiana, le tabelline e la geometria non ebbero più segreti per me.
Adoravo studiare le poesie a memoria e poi “interpretarle con sentimento” come ci aveva insegnato.

Era molto devota alla Santa di cui portava il nome e un bel giorno, eravamo ormai scolare grandi di “quarta”, decidemmo di farle una sorpresa.
D’accordo con il custode della scuola, il giorno prima del suo onomastico, 22 Maggio, tornammo in aula finite le lezioni (si andava a scuola anche di pomeriggio allora, fino alle quattro) e l’addobbammo tutta con festoni e fiori fatti da noi con la carta velina colorata e sulla lavagna la più brava in disegno creò un bellissimo biglietto di auguri. Chi aveva il giardino aveva portato fiori appena colti che vennero disposti in un vaso sulla cattedra.
Finito il lavoro, il custode chiuse a chiave la porta perché nessuno potesse curiosare prima del tempo e ce ne tornammo a casa tutte eccitate.

La mattina del 22, molto prima che suonasse la campanella, eravamo tutte al nostro posto, grembiulini neri con i colletti bianchi freschi di bucato…e quando la capoclasse scandì l’attenti e la maestra entrò….l’espressione prima sorpresa e poi commossa del suo viso non la scorderò mai... così come non dimentico, ogni 22 Maggio, un pensiero alla mia Signora Maestra.

 

LE VACANZE IN COLONIA: ALASSIO

 

Ricordo benissimo la grande sala  e le "signorine", che credo avessero a malapena una decina d’anni più di noi, che ci aiutavano a fare la doccia.

Noi eravamo ragazzine, provenienti tutte dalla medesima città industriale lombarda, Busto Arsizio, in vacanza alla colonia marina di Alassio "Sorriso di bimbi"
C’erano anche i maschietti, ma la separazione era rigorosa fin dal momento della partenza con la nostra valigetta in cui trovavano posto pochi indumenti ed oggetti personali, tutti contrassegnati con il numerino rosso pazientemente cucito dalle mamme.

Ricordo il viaggio in treno, lungo e pieno di gallerie…ed il ricordo successivo mi trova seduta ad un tavolo del grande refettorio, e la testa girava….girava…. forse per un misto di emozione e di paura nel trovarmi per la prima volta fra estranei e in un luogo sconosciuto

Poi, nella camerata, riponevo le mie cose nel comodino ai piedi del letto che mi era stato assegnato e consegnavo la valigia. Quel gesto apparentemente insignificante era per me come imboccare la via del non ritorno, come se il non sapere dove fosse finita la mia valigia mi precludesse ogni possibilità di andarmene da lì.

Però non si stava affatto male; mi sono subito adattata e non ho pianto mai.

Il vero problema era la sete: dopo la camminata tutta in salita dalla spiaggia alla colonia cantando, ci facevano sedere per terra, tutti inquadrati sul grande terrazzo e ci veniva distribuito un bicchiere di acqua e limone, uno a testa, mentre a tavola l’acqua ci veniva versata dalle signorine.... anche lì difficile avere un secondo bicchiere. Così imparammo a bere di nascosto dalla fontanella lavapiedi, anche se era proibito.

I primi due anni in cucina c'era la mia vicina di casa, la Teresina, che cucinava benissimo. Ancora mi sogno il suo brasato con il purè! Ogni tanto, a colazione, mi nascondeva i biscotti sotto il tovagliolo e di ciò beneficiava tutta la mia tavolata.

Odiavo la divisa della domenica, un vestitino di piquet azzurro o giallo con la mantellina…e odiavo le domeniche perché i più fortunati ricevevano le visite dei parenti e io no.
Invece mi piaceva stare sveglia la notte a guardare le luci che sciabolavano sul soffitto e ad ascoltare la musica che proveniva ovattata da qualche night sulla collina; la mia ninna nanna era tutte le sere “Venus” di Frankie Avalon.