Il Lago Bianco e il Lago Nero

Leggenda svizzera

Sotto la lunga e scarna costiera che congiunge la piramide del Poncione di Braga alla vertiginosa criniera della Cristallina, stanno il Lago Bianco e il Lago Nero.
Viveva lassù un mago, e forse non solamente lassù; conoscendo le sette arti magiche, poteva spostarsi a proprio piacimento e lo si vedeva rotolarsi nel turbine, scomparire in una cascata, riapparire dalla bocca di un crepaccio, penetrare dentro un roccione sino a fondersi con il granito. Di sera usciva con un guizzo rossastro dalle fiamme di un ceppo e svaniva su per il camino fra un balenare di scintille.

Fra i campi di neve e le rocce dal Poncione di Braga alla Cristallina, al Pizzo dei Cavagnoli al Basò dino, c'erano strane creature vestite di bianco sì che si confondevano con i nevai e potevano essere scambiate per nebbia.
Leggiadre erano le Fate e giovani!
Non conoscendo né amore né odio, né bene né male, nulla su di loro poteva il ritmo della vita e l'eterno avvicendarsi delle stagioni e forse la loro non era nemmeno vita, ma una contemplazione assente.
Non si sapeva chi fossero e da dove venissero. C'erano sempre state. Talvolta calavano sino agli alpeggi, se il vento spingeva in basso cortine di nebbia o ventagli di neve. Qualcuno aveva scorto da vicino i capelli biondi, sciolti sulle spalle, gli occhi celeste chiaro, la bianca veste orlata di pagliuzze d'oro e di cristalli, ma nessuno si era innamorato di loro perchè , evanescenti ed estranee al ritmo incessante della vita. Forse le loro labbra erano senza sangue.

Il Mago si innamorò di una di esse e certamente fu tradito dalla propria sapienza, perchè i dotti, tutto conoscendo, finiscono per dimenticare le cose più elementari o con il peccare di superbia.
Era brutto quel Mago, con i capelli ispidi, gli occhi arrossati, la faccia rugosa e scura, piccolo e gibboso come gli ultimi larici su cui si scaricano i fulmini. La Fata era bella. Il Mago le si avvicinò ed usando i sortilegi le volle insegnare a vivere.

Dapprima la fata non capì , ma quando il cuore le cominciò a palpitare, ogni cosa intorno per lei assumeva un aspetto nuovo, quello vero, mai sino ad allora sospettato. Quando il cuore le cominciò a palpitare, il volto del Mago, più nero della pece, quegli occhi infossati e rossi, quel corpo mal sagomato e storpio, la terrorizzarono e fuggì .
Il Mago tracciò nell'aria un cerchio, inconsapevolmente la Fata vi entrò ed egli la prese fra le braccia per baciarla. Se ci fosse riuscito, la diafana creatura diventando donna, sarebbe stata per sempre legata a lui. Ma la Fata saltò fuori dal cerchio, cercando rifugio nel fondo del lago che il ghiacciaio dei Cavagnoli alimenta. Lo specchio limpidissimo si fece opaco per nasconderla ed è così rimasto, quasi che nelle acque sia sospeso un velo di sabbia, e fu detto: il Lago Bianco.

Il Mago, scornato, partì in volo. Giunto sopra la lunga e scarna costiera che congiunge il Poncione di Braga alla vertiginosa criniera della Cristallina, guardò in basso, si vide riflesso, ebbe orrore della propria bruttezza e si buttò giù a capofitto dando al Lago Nero i suoi riflessi scuri.